Oltre le ossa: il dilemma dell'integrazione di calcio nella prevenzione delle fratture
L’integrazione di calcio è da sempre considerata un pilastro per la prevenzione delle fratture, ma il suo impatto sul rischio cardiovascolare resta controverso. Cosa sappiamo oggi? [Lettura 7 min]
La prevenzione delle fratture ossee osteoporotiche si basa principalmente su misure non farmacologiche: prevenzione delle cadute, esercizio fisico regolare e alimentazione equilibrata.
Solo negli ultra 70enni, residenti in strutture o che non si muovono da casa, è dimostrato che l’integrazione farmacologica di vitamina D riduce leggermente il rischio di fratture del femore. Si può eventualmente associare un’integrazione di calcio, in base all’apporto alimentare di calcio stimato.
Nel 2013, diversi studi suggerivano un possibile aumento del 30% del rischio cardiovascolare con l’integrazione di solo calcio. Il meccanismo ipotizzato era un’accelerazione della calcificazione arteriosa legata all’ipercalcemia.
Dopo più di 10 anni dai primi studi, la rivista Prescrire ha esaminato gli studi pubblicati nel frattempo per fare nuovamente il punto sul rischio cardiovascolare legato a una integrazione di calcio.
Rischio cardiovascolare dell’integrazione di calcio: gli studi più recenti
Studio WHI: follow-up ventennale nelle donne in post-menopausa
All’inizio del 2024 sono stati pubblicati i dati di follow-up a lungo termine dello studio clinico randomizzato WHI (Women’s Health Initiative).
Questo trial ha valutato per 7 anni più di 36.000 donne in post-menopausa. L’integrazione con 1.000 mg di carbonato di calcio e 400 UI di vitamina D al giorno era confrontata con il placebo.
Dopo un follow-up di 22 anni per metà delle partecipanti, la mortalità cardiovascolare è risultata leggermente aumentata nelle donne che assumevano l’integrazione rispetto alle altre, con un rischio relativo stimato con hazard ratio (HR) di 1,06.
La differenza di mortalità per tutte le cause tra i due gruppi non raggiungeva la significatività statistica.
Studio di coorte su pazienti diabetici: aumento di malattie cardiovascolari e mortalità
Nel 2024 sono stati pubblicati i risultati di uno studio sull’associazione tra integrazione di calcio e rischio di malattie cardiovascolari e aumento della mortalità in pazienti con e senza diabete.
Lo studio ha incluso 434.000+ pazienti britannici (età media 56 anni) tra 40 e 69 anni. Metà dei pazienti è stata seguita per oltre 10 anni.
L’eventuale integrazione di calcio veniva dichiarata dai pazienti con un questionario online, senza precisare la forma farmaceutica o il dosaggio.
Dopo aver considerato vari fattori di confondimento (alimentazione, stile di vita, altre integrazioni, livelli ematici di vitamina D, ecc.), nei diabetici, l’integrazione di calcio era associata significativamente a un maggior rischio di:
malattie cardiovascolari (HR = 1,3)
mortalità cardiovascolare (HR = 1,7)
mortalità per tutte le cause (HR = 1,4)
Nei pazienti non diabetici, la mortalità cardiovascolare e la mortalità per tutte le cause erano leggermente superiori con l’integrazione di calcio, ma senza differenze statisticamente significative.
Gli autori dello studio ritengono che i risultati siano una evidenza debole ma compatibile con l’ipotesi secondo cui i rischi cardiovascolari legati al diabete e all’integrazione di calcio siano additivi.
Revisione sistematica su integrazione di calcio e rischio cardiovascolare
Una revisione sistematica del 2009 è stata aggiornata nel 2016. Nell’analisi sono stati inclusi quattro studi clinici randomizzati (compreso il trial WHI) e 27 studi di coorte.
Gli autori hanno concluso che un apporto di calcio alimentare e/o farmacologico non superiore a 2.000-2.500 mg al giorno, associato o meno a vitamina D, non risulta correlato a un incremento del rischio di patologie cardiovascolari negli adulti sani.
Va sottolineato che gli studi inclusi non erano stati specificamente progettati per valutare gli endpoint cardiovascolari.
Metanalisi: assenza di segnali di rischio significativi
Metanalisi pubblicate nel 2023, di studi con follow-up da 1,5 a 12 anni, non rilevano correlazioni statisticamente significative tra integrazione di calcio e rischio cardiovascolare in adulti sani.
Non emerge alcun aumento dell’incidenza di infarto miocardico, eventi cerebrovascolari, mortalità generale o cardiovascolare, o ricoveri per insufficienza cardiaca.
Questi dati suggeriscono una certa sicurezza cardiovascolare dell’integrazione a dosi standard nella popolazione generale sana.
È necessaria una valutazione del rischio nei soggetti vulnerabili, soprattutto nei diabetici.
Risultati epidemiologici discordanti
A partire dal 2013, la letteratura scientifica si è arricchita di numerosi studi epidemiologici volti a valutare la correlazione tra integrazione di calcio e rischio cardiovascolare, con risultati che presentano significative divergenze metodologiche e cliniche.
Due importanti studi di coorte sudcoreani del 2022, basati su dati del sistema nazionale di assicurazione sanitaria, hanno evidenziato potenziali correlazioni tra integrazione di calcio e rischio cardiovascolare.
Il primo studio (n=90.374, età media 62 anni, follow-up >7 anni), dopo aggiustamento per fattori confondenti, ha mostrato aumenti statisticamente significativi nel gruppo che assumeva integrazioni di calcio:
infarto miocardico (HR=1,1)
eventi cerebrovascolari (HR=1,1)
mortalità totale (HR=1,4)
Il secondo studio, focalizzato su pazienti con osteoporosi (n=11.297, età media 60 anni, prevalentemente donne), ha rilevato un rischio cardiovascolare maggiore con calcio in monoterapia (HR=1,5), particolarmente per infarto miocardico (HR=1,9).
Al contrario, uno studio statunitense su circa 6.000 pazienti (età 45-84 anni) seguiti per 10 anni non ha rilevato incrementi significativi del rischio cardiovascolare associati all’integrazione di calcio.
Queste divergenze evidenziano la complessità e le possibili variabili geografiche o metodologiche nell’interpretazione dei risultati.
Analisi dose-risposta: identificazione di soglie critiche
Un’analisi approfondita dei dati provenienti dallo studio di coorte sudcoreano su quasi 11.300 pazienti ha evidenziato pattern dose-dipendenti di rischio cardiovascolare, con possibili implicazioni cliniche.
Dosaggio >1.000 mg/die di calcio: HR = 1,9
Durata dell’integrazione >1 anno: HR = 2,0
Questi dati suggeriscono l’esistenza di possibili soglie critiche sia per il dosaggio sia per la durata dell’integrazione, oltre le quali il rischio cardiovascolare potrebbe aumentare significativamente, soprattutto nei pazienti con osteoporosi.
In pratica
Negli ultimi 10 anni il corpus di evidenze sui rischi cardiovascolari associati all’integrazione di calcio si è notevolmente ampliato, ma la qualità metodologica complessiva rimane sub-ottimale.
L’aumento del rischio cardiovascolare sembra più pronunciato in specifiche popolazioni, soprattutto soggetti con preesistenti fattori di rischio cardiovascolare come il diabete mellito.
Per tradurre in pratica risultati così eterogenei serve un approccio personalizzato alla prescrizione di integratori di calcio.
Vanno tenuti presente:
profilo di rischio cardiovascolare del paziente
dosaggio complessivo (alimentare + integrazione)
durata prevista della terapia
presenza di comorbidità metaboliche
Nei pazienti con rischio cardiovascolare documentato o comorbidità rilevanti è opportuno essere prudenti nella prescrizione di integratori di calcio, soprattutto in monoterapia e ad alto dosaggio.
L’integrazione di calcio e vitamina D, sebbene utile per ridurre il rischio di fratture ossee, potrebbe aumentare il rischio cardiovascolare in alcuni pazienti.
Per questo motivo, è consigliabile un uso selettivo, riservandolo a chi può trarne un reale beneficio e prestando attenzione nei soggetti a rischio cardiovascolare.
Inoltre, il dosaggio ottimale non è ancora ben definito.
Stratificazione del rischio: valutazione preliminare approfondita del profilo di rischio cardiovascolare individuale prima di prescrivere integratori.
Approccio integrato: dare priorità a interventi non farmacologici, come esercizio fisico, alimentazione e prevenzione delle cadute, per prevenire le fratture da fragilità ossea.
Dosaggio prudenziale: nonostante la fragilità delle evidenze disponibili, è ragionevole non eccedere il dosaggio di 1.000 mg di calcio giornaliero nell’integrazione farmacologica.
Monitoraggio: nei pazienti che assumono integratori, il monitoraggio periodico della calcemia è consigliabile, sebbene non esista un consenso sull’intervallo ottimale di valutazione.
In conclusione, integrazione sì, ma con giudizio: personalizzazione, prudenza e monitoraggio sono importanti per un utilizzo sicuro dell’integrazione di calcio a scopo preventivo.
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