Rompere le compresse e aprire le capsule: è sicuro?
Nei pazienti con difficoltà di deglutizione è pratica comune quella di rompere le compresse o aprire le capsule per facilitare l'assunzione. [Lettura 3 min]

La frantumazione delle compresse o l’apertura delle capsule può causare problemi di alterato assorbimento, sottodosaggio, sovradosaggio (a volte con gravi conseguenze) e altri inconvenienti.
Un articolo su un numero di Prescrire del 2014 ha riassunto una revisione della letteratura su questa pratica comune. Ecco una sintesi di alcuni punti importanti.
Farmaci con finestra terapeutica stretta. Sono particolarmente pericolose le overdosi, poiché la concentrazione plasmatica efficace è vicina a quella tossica. Per esempio, parliamo di farmaci come carbamazepina, digossina, litio, teofillina, fenitoina e altri.
Rompere le compresse di digossina può esporre ad aritmie; aprire le capsule di dabigatran aumenta la biodisponibilità di circa il 75% con rischio emorragico: ai pazienti va detto che queste capsule non devono mai essere masticate né aperte.
Anche le formulazioni a rilascio modificato non vanno rotte o aperte per il rischio di overdose (per esempio depressione respiratoria in pazienti trattati con ossicodone in formulazione retard).
Nell'articolo sono riportati esempi estremi di casi fatali causati dalla frammentazione delle compresse.
Al contrario, con le compresse con film gastroresistente si rischia un sottodosaggio in seguito alla distruzione del principio attivo nel passaggio attraverso lo stomaco. Succede per esempio con la sulfasalazina o gli inibitori di pompa.
La frammentazione di compresse o l'apertura delle capsule può permettere il contatto del principio attivo con la mucosa orale o esofagea producendo ulcerazioni (solfato di ferro, cloruro di potassio).
Il principio attivo esposto alla luce può degradarsi se fotosensibile o sensibile all'umidità.
Diversi principi attivi incompatibili tra loro possono alterarsi se più compresse vengono frammentate insieme, come può capitare in caso di politerapia.
Alcuni farmaci sono composti di strati diversi per separe componenti incompatibili o rilasciarli in fasi successive, per esempio lo Xatral° (alfuxosina).
Questa pratica può essere pericolosa anche per gli stessi operatori sanitari che vengono a contatto con i principi attivi che possono provocare allergie da contatto, problemi più seri con farmaci citotossici o effetti teratogeni nelle gravide. È descritto il caso di un uomo che viene sottoposto a diversi accertamenti prima di scoprire che la causa della sua midriasi fissa era un farmaco che frammentava prima di somministrarlo a un parente.
La conclusione degli autori è che si deve essere sempre molto cauti e che, se un paziente ha difficoltà di deglutizione e non ci sono alternative, le conseguenze dell'alterazione della forma farmaceutica sono comunque poco documentate e il rapporto rischio/beneficio di un farmaco somministrato in questo modo è molto incerto.
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Prescrire Int. 2014 Sep;23(152):209-11
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Gilberto Lacchia - Pubblicato 23/01/2018 - Aggiornato 31/03/2019