Ipomagnesemia da inibitori di pompa
Un effetto avverso sottovalutato ma potenzialmente grave nella terapia a lungo termine, che va sospettato in caso di sintomi compatibili e prevenuto ove possibile. [Lettura 6 min]
L’uso prolungato degli inibitori di pompa protonica (IPP) può associarsi a un effetto avverso importante e spesso sottovalutato: l’ipomagnesemia. Questa associazione, descritta per la prima volta nel 2006, ha attirato crescente attenzione da parte delle autorità regolatorie, portando a comunicazioni di sicurezza da FDA e altre agenzie internazionali.
Fisiopatologia e rilevanza clinica
L’ipomagnesemia indotta da IPP si sviluppa tipicamente dopo un’esposizione prolungata, di solito anni di terapia continuativa.
La condizione deriva da complesse interazioni che alterano l’omeostasi del magnesio.
Interferenza con l’assorbimento attivo del magnesio attraverso i canali intestinali TRPM6/7: diminuendo il pH luminale intestinale gli IPP compromettono l’assorbimento del magnesio alterandone l’affinità per il canale TRPM6/7.
Possibile suscettibilità genetica legata a mutazioni dei canali TRPM6/7.
Interazione con il metabolismo del calcio e la funzione paratiroidea: si ritiene che l’ipomagnesiemia acuta riduca la secrezione di PTH e provochi resistenza al PTH, con riduzione dell’assorbimento del calcio, sia per via renale che gastrointestinale.
Due casi clinici
Una donna di 78 anni, con storia di carcinoma follicolare della tiroide trattato con tiroidectomia totale e ablazione con radioiodio, si presenta in pronto soccorso con ipocalcemia acuta (6.6 mg/dL). La paziente riferisce parestesie, debolezza e una recente sindrome diarroica. Gli esami evidenziano anche ipokaliemia (3.1 mmol/L) e ipomagnesemia (1.0 mg/dL).
La paziente non aveva avuto episodi precedenti di ipoparatiroidismo post-chirurgico, aveva assunto omeprazolo nei due mesi precedenti e l’ipomagnesemia era persistente, nonostante l’integrazione. Il PTH risultava inappropriatamente basso.
La sospensione dell’omeprazolo, associata all’integrazione di calcio, magnesio e calcitriolo, è stata seguita dalla normalizzazione dei valori elettrolitici e del PTH.
Un’altra donna di 78 anni, con ipertensione, dislipidemia e reflusso gastroesofageo da ernia iatale, era in terapia con esomeprazolo, sartano, calcioantagonista e statina.
Nei 5 anni precedenti aveva avuto diversi ricoveri per ipomagnesemia grave con sintomi neurologici, come alterazioni dello stato di coscienza e convulsioni. Gli episodi erano preceduti da episodi di diarrea attribuiti a gastroenteriti virali.
Dopo l’ultimo ricovero, preceduto da diarrea, con convulsioni e ipomagnesemia grave, la donna è stata sottoposta a numerosi accertamenti che hanno escluso tumori neuroendocrini, malassorbimento, celiachia, gastrite autoimmune, infezioni intestinali, malattie infiammatorie intestinali e endocrinopatie.
Nonostante l’integrazione di magnesio, i livelli sierici rimanevano bassi. Tre mesi dopo l’ultima dimissione, in assenza di sintomi neurologici o diarrea, è stata riscontrata nuovamente ipomagnesemia.
A quel punto l’esomeprazolo è stato sostituito con famotidina, e si è osservata una stabilizzazione della magnesemia. La reintroduzione dell’esomeprazolo è stata seguita da ipomagnesemia, risolta sospendendolo definitivamente.
Questi due casi evidenziano come gli IPP possano interferire con l’omeostasi del magnesio, inducendo una riduzione della secrezione del PTH e resistenza al suo effetto.
Questi effetti possono avere conseguenze gravi e sono particolarmente rilevanti nella popolazione anziana femminile in terapia cronica con IPP.
I dati più significativi a sostegno dell’associazione provengono da una coorte di 11.490 pazienti ricoverati in terapia intensiva. Lo studio ha evidenziato una relazione complessa tra uso di IPP e magnesio sierico, particolarmente influenzata dall’uso concomitante di diuretici.
Nei pazienti in terapia con diuretici, l’uso di IPP si associava a una riduzione media dei livelli di magnesio di 0.028 mg/dL, con una prevalenza di ipomagnesemia (magnesio <1.6 mg/dL) significativamente maggiore rispetto ai pazienti in monoterapia con diuretici (15.6% vs 11%).
Nei pazienti che non assumevano diuretici, l’uso di IPP non mostrava correlazioni significative con i livelli di magnesio.
Una metanalisi di studi fino al 2014 ha osservato un odds ratio combinato per ipomagnesemia IPP-correlata di 1.78 (IC 95% 1.08-2.92), sebbene con significativa eterogeneità tra gli studi.
Nel 2011, la FDA ha pubblicato un avviso di sicurezza raccomandando:
monitoraggio del magnesio sierico prima dell’inizio della terapia con IPP
controlli periodici durante il trattamento, specialmente in pazienti in terapia cronica o che assumono altri farmaci potenzialmente associati a ipomagnesemia
Diagnosi
La presentazione dell’ipomagnesemia da IPP può essere molto variabile: alcuni pazienti possono rimanere completamente asintomatici, mentre altri sviluppano manifestazioni gravi che richiedono un ricovero.
Fattori di rischio
Età >65 anni
Terapia con IPP prolungata (>5 anni)
Uso concomitante di diuretici
Diabete mellito
Scarso apporto dietetico di magnesio
Il sospetto clinico dovrebbe nascere da sintomi neuromuscolari come tremori, crampi o tetania, soprattutto in pazienti in terapia cronica con IPP.
La diagnosi si basa su:
anamnesi dettagliata dell’uso di IPP, con particolare attenzione alla durata della terapia
valutazione dei sintomi compatibili con ipomagnesemia
riscontro di alterazioni elettrolitiche caratteristiche
esclusione di altre cause comuni di ipomagnesemia (diarrea, malassorbimento, espansione di volume, diabete scompensato, ipercalcemia)
Oltre al dosaggio del magnesio sierico, è utile dosare:
calcio e potassio, frequentemente alterati
paratormone, che può essere normale o basso
magnesio nelle urine delle 24 ore, tipicamente ridotto
Un elemento diagnostico importante è la risposta alla sospensione del farmaco con rapida normalizzazione dei valori di magnesio dopo l’interruzione degli IPP.
In pratica
Prevenzione
Misurazione del magnesio basale prima di iniziare una terapia IPP a lungo termine
Monitoraggio regolare nei pazienti ad alto rischio
Considerare gli anti-H2 come alternativa quando appropriato
Trattamento
Sospensione degli IPP quando l’ipomagnesemia è confermata
Integrazione di magnesio
Monitoraggio degli elettroliti associati
Valutare gli anti-H2 come alternativa se indicato
Follow-up
Monitoraggio regolare dei livelli di magnesio fino alla normalizzazione
Valutazione degli altri elettroliti
Strategia di gestione a lungo termine per il controllo dell’acidità
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